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Celebrare il cielo estivo riprendendo uno dei soggetti più iconici tra quelli visibili sullo sfondo della nostra Via Lattea: la Nebulosa Aquila (M16) è una fucina di stelle, un mastodontico impalcato di gas ionizzati, polveri e regioni d'intensa formazione stellare nella costellazione del Serpente, in prossimità del centro Galattico. L'uso dei tre filtri a banda stretta più popolari (H-Alpha, Ossigeno III e Zolfo II, consente di riprenderla al meglio anche dalla città e di rappresentarla con una palette di colori divenuta famosa grazie all'Hubble Space Telescope. 

Fare astrofotografia ai tempi del Covid, tra restrizioni, divieti e "lock down". Il mio primo tentativo per ottenere un'immagine senza compromessi nonostante tutte le limitazioni legate ad un cielo urbano. La Nebulosa NGC 281 ("Pacman") ripresa a lunga focale nell'arco di svariate settimane, spingendo al massimo attrezzatura ed operatore, nel mio progetto fotografico più lungo e impegnativo fatto finora: quasi 37 ore di riprese in banda stretta, giocando il tutto per tutto sulla quantità piuttosto che sulla qualità del singolo subframe: si può fare, ed anzi...è forse l'unico modo!

La tecnologia moderna, applicata ai sensori di ripresa, ai filtri e ai software di elaborazione ci consente di effettuare riprese del profondo cielo anche sotto cieli pesantemente inquinati, dalla città o da località decisamente meno adatte a fare fotografia astronomica. Se il soggetto è tra quelli "giusti", e dedichiamo molto tempo alla fase di acquisizione sul campo, è comunque possibile realizzare pose estremamente profonde ed interessanti: la tecnica della ripresa a banda stretta e la palette di elaborazione bicolore H-Alpha-Ossigeno III. La Nebulosa Manubrio offre un ottimo esempio per capire come ingannare il cielo.

Realizzare un'immagine HDR di uno dei soggetti più famosi del cielo notturno: la Grande Nebulosa di Orione. Un soggetto facilissimo da osservare all'oculare, ma davvero difficile da fotografare al meglio. Regioni ad altissima luminosità sono immerse in evanescenti volute di gas e polveri colorate, e la risultante altissima gamma dinamica del soggetto pone seri limiti a qualunque attrezzatura fotografica si utilizzi per riprenderlo. Il mio più recente progetto astrofotografico punta ad aggirare il problema, cercando di ottenere il massimo, con camera monocromatica e tecnica LRGB abbinata all' "High Dynamic Range".

Un lungo lavoro di acquisizione ed elaborazione.

La grande galassia di Andromeda è davvero un soggetto molto esteso: troppo esteso per un telescopio di media focale, tanto da indurre molti appassionati di astrofotografia a ricorrere all'uso di teleobiettivi e reflex tradizionali, in modo da avere un campo inquadrato adeguato alle dimensioni della nostra vicina cosmica, apparentemente grande come 6-7 lune in cielo, una accanto all'altra. Di contro, teleobiettivi e reflex, per quanto di buona fattura, non garantiscono una risoluzione particolarmente elevata, e finiscono per fornire un dettaglio che, almeno per astrofotografi di buon livello, non è poi di grande interesse. Ecco come sono riuscito ad ottenere un'immagine soddisfacente, e comunque a largo campo.

L'astrofotografia ha le proprie regole d'oro, e chi pensa di poterle aggirare finirà presto per scontrarsi con la dura realtà: vi sono alcuni soggetti, primi tra tutti le galassie, che richiedono un cielo quanto più scuro possibile per poter essere riprese nel miglior modo. Più grande il telescopio, più dettagli saranno visibili, sia visivamente che fotograficamente. Ma scordatevi di riuscire a sfruttare anche l'attrezzatura più avanzata del mondo da un misero cielo di città. Quando ho finalmente trovato un cielo davvero con poco inquinamento luminoso, ho finalmente potuto capire quanto avrei potuto spingermi in fase di ripresa, ed i primi risultati sono stati a dir poco entusiasmanti. L'oscurità è la droga degli astrofili, e gli astrofotografi ne sono, tra quelli, i più dipendenti in assoluto.

Tornare dopo 4 anni a fotografare lo stesso soggetto, come e soprattutto perché: una sfida con me stesso e col cielo, cercando di ottenere il massimo da un'attrezzatura cresciuta insieme all'esperienza sul campo e di fronte al computer. Nuove tecniche di acquisizione, nuovi processi di elaborazione, e l'impatto che hanno sulla qualità dell'immagine finale. 

I piccoli astrofotografi crescono.

Il mio progetto astrofotografico più lungo di sempre: la Nebulosa Planetaria per eccellenza, "rubata" al cielo dell'emisfero australe, tra svariate difficoltà tecniche e logistiche. 53 ore d'integrazione per cercare di rendere giustizia all'"Occhio di Dio", così chiamata per l'inconfondibile forma. Un'esperienza lunga tre mesi, cercando di spingere la strumentazione al massimo e portando al limite pazienza ed elaborazione. La mia sfida dell'estate 2022! 

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