M16 - Nel Nido dell'Aquila
Là dove risiedono i "Pilastri della Creazione"
Con l'avvicinarsi della stagione estiva, la Via Lattea inizia a mostrarsi nel cielo notturno ad orari pian piano più "umani", e la caterva di oggetti celesti che ospita lunga la sua fascia offre alcuni dei tipici bersagli delle notti più brevi dell'anno; dalle nostre latitudini non si è mai nelle condizioni migliori per fotografarli, a causa della scarsa altezza massima che questi oggetti raggiungono: alle declinazioni, quasi sempre negative, delle costellazioni più vicine al Centro Galattico si ha il duplice problema della ridotta qualità dell'aria (seeing e trasparenza) e delle poche ore a disposizione per accumulare segnale sui nostri sensori. Seguire il mio più recente approccio alla fotografia deep-sky, ovvero dedicarmi a fondo ad ogni soggetto con integrazioni molto prolungate, non è stato facile per i motivi di cui sopra: come spesso accade in questa disciplina, la bontà degli intenti si scontra spesso con la sempre più scarsa quantità di serate adatte. Conscio di non raggiungere il mio obiettivo al 100%...ho dovuto adattarmi, soprattutto in fase di elaborazione, come spiegherò meglio più avanti. Massima resa, minima spesa...qui diventa massimo SNR, minima quantità di pose utili. Per quanto l'estensione della Nebulosa Aquila richieda una focale di 700-1000 mm, ho deciso di sceglierla come primo vero progetto fotografico per il mio C9.25, otticamente rinato grazie al riduttore/correttore Starizona SCT Corrector III. La camera di ripresa è sempre la mia fidata ZWO ASI 1600MM-PRO.
Abbattere il rumore: la via più rapida.

Ormai deciso a riprendere M16 in banda stretta con la canonica terna di filtri Ha/OIII/SII per ottenere un'immagine a colori con la "Hubble palette", ho subito dato la precedenza ai due filtri OIII ed SII, che offrono notoriamente meno segnale rispetto all'Ha, col quale ho acquisito solamente 26 sub-frames da 300": M16 offre strutture importanti, elevato contrasto e grande dettaglio a questa lunghezza d'onda, ma per massimizzare il rapporto segnale/rumore, ho scelto di combinare le relativamente poche immagini secondo l'algoritmo più semplice, la "Media", che produce un "SNR" massimo, ma non scarta eventuali tracce di satelliti, difetti dovuti a pixel bruciati, etc. In Deep Sky Stacker utilizzo di solito, invece, l'algoritmo di combinazione "Taglio Kappa-Sigma", proprio per evitare artefatti di ogni tipo, che andrebbero poi sistemati in seguito con un vero "maquillage" dell'immagine: utilizzando questo algoritmo, però, si ottiene un SNR decisamente inferiore, e non a caso il risultato migliore lo si ottiene con un numero elevato di pose. Una scelta diversa, stavolta, ma che ha portato, con poca integrazione, un master light dell'Ha (immagine sotto) piuttosto pulito ed ulteriormente lavorabile.
Il risultato dell'integrazione con il filtro Ha da 7 nm - Soltanto 26 pose da 300" per un totale di poco più di 2 ore d'integrazione
Adoro quella componente turchese presente in molte nebulose ad emissione, che produce un bellissimo contrasto cromatico col dilagante rosso dell'Ha; per ottenere il canale blu, generato dal filtro OIII, non ho lesinato sul numero di pose, dedicando svariate serate alla loro acquisizione; anche in questo caso, nonostante un'integrazione ben più abbondante, ho scelto l'algoritmo di combinazione Media, cercando di nuovo il massimo segnale ed il minimo rumore di fondo: per un blu potente serve tanto, tanto, tanto OIII. La regione centrale di M16 ha una buona emissione, seppur limitata nello spazio.

Il risultato dell'integrazione con il filtro OIII da 6.5 nm - 98x300" per un totale di poco più di 8 ore d'integrazione
Ultimo filtro a banda stretta, l'SII, che da amante della più semplice tecnica bicolore narrowband, non uso quasi mai. E' tristemente noto per la scarsa quantità di segnale che generalmente offre, e in questo caso è un po' il mio "cruccio" relativo a questa ripresa di M16: sono riuscito ad acquisire solamente 40 pose da 300", che sono poche per ottenere un segnale abbastanza pulito lavorando ad f/6.3. Certamente potrei (e forse lo farò) integrare ulteriormente il prossimo mese, ma il risultato finale per me comunque soddisfacente e la voglia di passare ad altro mi hanno fatto "fermare", almeno per il momento. La ripresa con questo filtro ha anche creato un problema relativo al diametro stellare, risultato più elevato rispetto agli altri due canali, obbligandomi ad una riduzione stellare in fase di elaborazione, e portando ad un allineamento meno preciso nell'immagine finale.

Il risultato dell'integrazione di 40x300" con il filtro SII, sempre associato ad un segnale molto debole
L'Hubble Palette
Una prima versione bicolore di questa mia M16 sembrava molto buona e soddisfacente per gli occhi. In realtà, una volta inserito il canale SII e rimappati i colori secondo la famosa Hubble palette, l'immagine ha acquisito una profondità tutta nuova, in barba ai problemi legati a questo terzo canale più "sfortunato": una maggiore informazione nell'immagine ha ridotto il rumore di fondo e la gamma di colori ne ha ovviamente giovato. Certo sono stati necessari alcuni interventi di "cosmesi", come la variazione tonale dell'immagine, legata alla forte dominante del canale verde (associato all'Ha), e l'eliminazione della inevitabile dominante magenta sulle stelle. Una piacevole sorpresa è stato il recupero quasi totale della colorazione delle stelle, un inaspettato effetto collaterale dovuto ai successivi step di calibrazione del colore. Un ruolo determinante ai fini della qualità dell'immagine l'ha avuto il riduttore/correttore Starizona; non mi stanco mai di scriverlo: il campo spianato che permette di ottenere, ha radicalmente trasformato il mio Schmidt-Cassegrain, e l'unico ritaglio fatto all'immagine è legato esclusivamente alla fase di elaborazione. Unico neo, di cui non ho intenzionalmente voluto curarmi, una collimazione non perfetta, che avrebbe altrimenti prodotto stelle perfettamente rotonde fino agli angoli estremi del campo: lezione imparata, almeno per la prossima volta!

M16 in tutto il suo splendore, con i suoi gas ionizzati, le polveri, le regioni di formazione stellare.
La "nursery" stellare

Il Nido dell'Aquila, i famosi "Pilastri della creazione", divenuti famosi grazie ad Hubble, e l'ammasso aperto NGC6611
Come spesso amo fare a lavoro finito, mi cimento in improbabili sfide all'ultimo pixel con un antagonista in incognito che non ha rivali (lo chiameremo "Hubble") . Così, giusto per capire fin dove sono riuscito a guardare, con quanta precisione ho registrato dettagli, dalla terrazza di casa mia. Migliorare questa immagine è possibile, e magari lo farò: integrare molto più segnale con tutti e tre i filtri, specialmente SII, magari scattando sotto un cielo di campagna, che garantisca un contrasto migliore e minor rumore di fondo. Ad ogni modo, dopo meno di 14 ore d'integrazione il risultato è questo.

Celestron C9.25 (a sinistra) Vs Hubble Space Telescope
I "compiti per domani"
La "scompensazione" del segnale aiuta ad ottenere canali colore bilanciati nei vari filtri ed un buon SNR per la successiva fase di stretching ed elaborazione, ma la pianificazione è tutto: col filtro Ha, ma lo stesso vale per l'SII, è più giusto lavorare quando è presente la Luna, purché in fase non prossima al plenilunio, vista la sua relativa resistenza alla luminosità del cielo, mentre è meglio dedicarsi al filtro OIII (molto più sensibile) nelle serate migliori, più limpide e buie. Sembra banale, ma l'Ha da molta più soddisfazione...e impiegare molto tempo con gli altri due filtri è pesante.
E' poi assolutamente fondamentale curare al meglio la collimazione del C9.25, verificandola prima di ogni sessione, pena difficoltà di allineamento dei vari canali colore; il riduttore Starizona è fenomenale, ma molto esigente proprio riguardo alla collimazione del sistema: se si pretende il massimo, non si deve aver paura di perdere anche mezz'ora cercando di avere stelle rotonde e bene a fuoco su tutto il frame. Perché è possibile.
