I telescopi hanno le marce.
E' esattamente così, non si tratta di un gioco di parole: possiamo paragonare la quantità di segnale che si vuole acquisire da un determinato soggetto ad un tratto di strada da percorrere, che potrà essere affrontato a bassa velocità impiegandoci un certo tempo, o a velocità più elevata, riducendo i tempi e "facendo prima". Non a caso, in campo fotografico, ci si riferisce ad ottiche "veloci" parlando di obiettivi ad elevata luminosità, in grado quindi di scattare foto con tempi di posa minori: ogni telescopio è di fatto un sistema ottico progettato con una certa apertura (specchi o lenti) ed una certa lunghezza focale, da cui discende quindi una certa luminosità.
Tutto questo secondo una legge ottica, ben nota ai fotografi tradizionali, ma forse meno chiara a chi entra nel mondo della fotografia digitale moderna senza un briciolo di bagaglio tecnico:
Focale/Apertura = Luminosità (un rapporto numerico pari a 2.8, 4.0, 10, etc...)
Più piccolo il rapporto ottenuto, maggiore sarà quindi la luminosità intrinseca di uno strumento.
Focali lunghe, di un telescopio o di un obiettivo, forniscono poi immagini più grandi su pellicola o sensore, rispetto a focali corte: si pensi ad un teleobiettivo rispetto ad un grandangolo. Se si raddoppia la focale, mantenendo però l'apertura, finiremo per "diluire" di quattro volte la luminosità di ciò che viene proiettato: se avete mai usato un proiettore avrete avuto esperienza evidente di questo fenomeno: allontanandosi dalla parete su cui proiettiamo foto o video l'immagine diventerà meno brillante.
La formula sopra mostra che uno strumento ottico f/4 è molto più luminoso di un f/8, qualunque siano i valori di apertura e focale che lo caratterizzano, e raccoglierà la stessa quantità di luce in minor tempo. Dal momento che i telescopi non dispongono di un diaframma regolabile che faccia variare l'apertura frontale, l'unico modo per ridurre o aumentare la luminosità strumentale è agire sulla lunghezza focale, inserendo delle componenti ottiche aggiuntive che producano immagini più grandi e meno luminose o, al contrario, più piccole ma più luminose. Per fotografare soggetti deboli sarà utile RIDURRE la focale del telescopio, a scapito di ingrandimenti minori ma campi inquadrati più ampi.
Adattatore M63/M48
Il riduttore/spianatore Riccardi, con attacco M63
Un riduttore di focale non è altro che un gruppo di lenti che viene inserito tra telescopio e sensore di ripresa: il suo compito è ridurre la focale dello strumento, in questo caso di un fattore 0.75X, aumentandone al contempo la luminosità. Scelsi di acquistare il Riduttore Riccardi per le sue ben note caratteristiche di qualità, e poterlo montare sul mio rifrattore Sharpstar 107/700 trasformandolo in un 107/525: 107 mm di apertura per 525 mm di focale. Ciò porta la sua luminosità da 6.5 a 5.1 circa, consentendomi di raccogliere la stessa quantità di luce con pose il 40% più brevi: scatti da 6 minuti circa al posto di pose da 10 minuti. Il campo inquadrato aumenta di conseguenza, gli oggetti ripresi vengono riprodotti in foto con dimensioni apparenti minori, e questo è un "effetto collaterale" che può tornare utile o meno, ma di cui bisogna comunque tener conto.
Tre lenti compongono il riduttore Riccardi, riducendo la focale di 0.75X
Nelle foto sopra, il riduttore è dotato dell'attacco che consente d'inserirlo nel tubo del focheggiatore, ma la sua funzionalità resta invariata quando avvitato esternamente. Si tratta della versione "piccola" (si fa per dire!) con filetto da 63 mm, ed è in grado, come il fratello più grande con filettatura da 82 mm, di spianare perfettamente il campo inquadrato del rifrattore su cui viene montato.
I telescopi rifrattori come lo Sharpstar 107/700 mostrano stelle distorte ai bordi del campo inquadrato e necessitano quindi di un elemento ottico correttivo (spianatore di campo), che controbilanci questa aberrazione ottica: il Riccardi 0.75X fa anche questo, ed è infatti venduto come riduttore/spianatore, ed in un colpo solo rende lo strumento più "veloce" e corretto, trasformandolo in ciò che viene comunemente definito come "astrografo", un telescopio dedicato alla fotografia astronomica, che fornisce campi stellari omogenei e privi di aberrazioni.
L'immagine sopra mostra la simulazione del campo reale inquadrato dallo Sharpstar 107/700: nel riquadro giallo, senza l'uso del riduttore di focale, l'ammasso delle Pleiadi entra a fatica nell'inquadratura, lasciando poco o nulla ai bordi del soggetto. Il riquadro rosso rappresenta invece il campo inquadrato utilizzando il riduttore Riccardi e, a parità di camera di ripresa, si ottiene una ripresa più ampia e più adatta al soggetto; come già detto, questo offre anche vantaggi in termini di luminosità e conseguenti tempi di posa.
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